❝Nei mesi di Ottobre, e Novembre dello scorso anno 1836 il colera, che aveva percorsi quasi tutti i regni d’Europa attaccò Napoli, ove fece strage, come pure Castellammare di Italia, le due Torri, ed altri luoghi limitrofi, e per ogni dove produsse spavento. Intanto cessò il flagello in dette città, ma nel Maggio di questo anno 1837 si sviluppò con furore in Napoli, e nel giugno attaccò questa Città di Pagani, ed in prima la nostra strada di San Michele. La morte in poche ore di Raffaele Desiderio giovine, e forte recò lo spavento. Immediatamente le morti cominciarono a seguirsi senza remora. Crebbe lo spavento. Tutto restò paralizzato. I volti erano sparuti, ed ogni cosa aportava terrore. Siccome in S. Egidio non vi era la malattia il medico di quel paese aveva propalato esser iuvabile il colera. Il Canonico Don Giuseppe Tortora con tutta la sua famiglia ai 26 di Giugno fuggì colà. Ed io per non lasciare mezzo alcuno intentato pensai di rifugiarmi anche colà. Non avendo trovate pronte abitazioni chiamai Egidio Attianese di Andrea poco fa da me difeso in certo affare, il quale ebbe tanto piacere in darmi due sue superiori stanze, che abbellì al momento, e mi fece tante esibizioni, che è impossibile ad esprimere. Così mandammo i letti, ed altri comodi, e nel giorno 29 giugno 1837 tra il pianto, costernazione, ed angustie abbandonammo la casa, chiudendone le porte, e giunsero in S. Egidio alle ore 22.
Colà cominciammo a godere qualche tranquillità, benché le notizie da Pagani rendevansi sempre più terribili, e noi ne eravamo afflitti; ma nel giorno 8 luglio il medico Egidio Attianese fu attaccato dal Colera, e nella seguente Domenica ad un’ora di notte morì nella vicina sua abitazione. Pensai ad abbandonare le camere. Scrissi ad amici di S. Egidio trovarmi in mezzo la strada, e che mi si fosse procurato un alloggio a qualunque costo, ma nel seguente mattino per mezzo di persone la famiglia del dottor Egidio fe sentirci, che non ce ne fossimo andati, e che non li avessimo dato il disgusto di andarcene.
Così per non aver trovato abitazione, e per questa protesta ci restammo. Intanto io piangevo, e mia moglie più di me. Quindi alle ore 5 di detta sera di Domenica 9 Luglio si sciolse il ventre a mia moglie, e nei seguenti giorni ebbe forze di vomito, o sia fu attaccata dal colera. La mia afflizione non ebbe più limiti. Spaventato, e smarrito andai a chiamare Dottor Gennaro Falcone. Si prescrissero le medicine, che furono somministrate con tutta esattezza, e prendendo la malattia il corso regolare dopo quattordici giorni di febbre, questa cessò, ed al giorno decimo settimo la detta mia moglie uscì dal letto. Verso gli ultimi di Luglio le notizie erano sempre migliori, e si diceva esser cessato il malore in Pagani, e siccome in S. Egidio pure girava il colera, così pensammo a calarcene. Debbo però dire, che alla veduta di mia moglie col male, ed a guardare la processione di penitenza in S. Egidio nel mattino di Lunedì 10 luglio, come erasi fatto in tutti i limitrofi paesi, da miei occhi uscì un fiume di lagrime mirando la costernazione di tutti, ed i Sacerdoti con corone di Spine in testa, funi al collo, e molti scalzi. = Lo noto a 6 Agosto 1837.❞
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(dalla memoria di Luigi Tramontano, conservata presso l’Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano)
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Un uomo benestante, nato a Pagani in provincia di Salerno nel 1793 e deceduto nel 1868, Luigi Tramontano racconta la propria vita personale e familiare. Marito e padre, ricopre importanti ruoli pubblici, diventando anche sindaco del proprio paese. Malattie e gravi lutti – è orfano di madre e perde prematuramente alcuni dei suoi figli – funestano la sua esistenza fin dagli anni dell’infanzia. Libro antico e diario di famiglia quello che Tramontano inizia a integrare e redigere nel 1820. Tradizione radicata tra i ceti benestanti dell’epoca per annotare nascite, morti, matrimoni, compravendite e acquisizioni di beni del casato.